Il “Vienna Agreement” dello scorso 30 novembre ha portato un sensibile aumento nelle quotazioni del greggio. La decisione coordinata assunta dai paesi dell’OPEC, e da alcuni paesi produttori non appartenenti all’Organizzazione, di ridurre la produzione nella prima metà del 2017 di 1,8 milioni di barili al giorno ha portato il prezzo del petrolio di qualità Brent a salire del 23,2%, passando dai 45 dollari al barile del 29 novembre 2016 ai 55 dollari del 3 gennaio 2017. Il prezzo medio del Brent successivo all’accordo è di 53,13 dollari al barile, il 13,3% superiore alla media pre accordo (1 settembre – 29 novembre 2016) di 46,89 dollari. Nella media dell’anno 2016 il barile di Brent chiude a 43,67 dollari, equivalenti a 39,46 euro e in diminuzione del 16,3% rispetto ai 47,15 euro della media 2015. Su base annuale si tratta della quarta diminuzione consecutiva e nel 2016 il prezzo in euro è il più basso registrato dal 2004 in poi.
Il trend favorevole registrato su base annua del prezzo del petrolio si è riverberato positivamente sul costo dei carburanti: nella media del 2016 il costo del gasolio, tasse escluse, ha raggiunto il minimo degli ultimi dieci anni ma, dato l’elevato peso delle accise, il primato non vale per il prezzo al consumo. Nel 2016 la tassazione, accise e Iva, sul litro di gasolio pagata dal consumatore finale è arrivata al 66,2%.
Il lungo ciclo caratterizzato dalla discesa del prezzo del petrolio potrebbe essere al termine: sulla base delle valutazioni contenute dell’ultimo Bollettino economico della Bce, a seguito delle decisioni di restrizione della produzione nel 2017 l’offerta mondiale subirà un calo dell’1,9% rispetto alla crescita del 2,6% registrata del biennio 2015-2016 e, in parallelo, “si stima che il prezzo del petrolio entro la fine del 2017 salga su valori tra il 19% e il 25% più elevati rispetto alle proiezioni dello scenario di base fondate sulle future quotazioni di petrolio”. Ad inizio novembre le previsioni dell’European Economic Forecast, Autumn 2016 della Commissione europea indicano per il 2017 un prezzo del Brent valutato in euro in crescita del 22,2% rispetto all’anno precedente.
Sulla base degli andamenti sopra descritti, si è appena concluso un biennio (2015 – 2016) in cui si è registrato una contemporanea riduzione dei tassi di interesse, una svalutazione del cambio e una riduzione del prezzo del petrolio, ma di tale allineamento congiunturale favorevole l’economia italiana ne ha beneficiato meno degli altri maggiori Paesi europei: nel biennio in esame il Pil dell’Italia ha segnato un tasso di crescita medio annuo dello 0,7%, più che dimezzato rispetto all’1,9% dell’Eurozona e inferiore al 3,2% della Spagna, all’1,8% della Germania e all’1,3% della Francia. Per garantire una necessaria maggiore crescita, a fronte di una politica monetaria che si mantiene espansiva, deve esservi un contributo positivo della politica fiscale.
(Elaborazione Ufficio Studi Confartigianato su dati CPB-World Trade Monitor)